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Depressione e comportamenti violenti

La depressione può portare a comportamenti violenti, sia nei confronti di sé stessi che, in rari casi, verso gli altri. È perciò essenziale individuare e affrontare tempestivamente questa condizione.

Spesso, eventi di cronaca nera vengono attribuiti alla depressione. Ad esempio, gli attaccanti di Nizza e Monaco di Baviera sono stati descritti dai media come individui isolati e instabili, ritenuti affetti da problemi psicologici. Situazioni simili sono state associate anche a figure come Anders Breivik e al copilota del volo Germanwings.

Esiste realmente un legame tra depressione e violenza? La risposta è affermativa, sebbene solo in una piccola percentuale dei casi, attorno al 15-30%. Questo sottolinea l’importanza di una diagnosi precoce e di una tempestiva terapia che possa ridurre il rischio di tali tragici eventi.

La depressione è una condizione comune; l’Organizzazione Mondiale della Sanità stima che circa 350 milioni di persone ne siano affette, corrispondente al 5% della popolazione globale. In Italia, oltre un cittadino su dieci ne soffre, ma solo un terzo cerca un intervento medico. È fondamentale riconoscere i segnali di allerta e consultare uno specialista, poiché una diagnosi tempestiva può migliorare significativamente la qualità della vita, ridurre le difficoltà quotidiane e il numero di giorni di lavoro persi. Le terapie hanno successo in oltre il 70% dei casi già dopo il primo trattamento.

I principali sintomi della depressione includono:
– umore depresso
– facilità al pianto
– stanchezza fisica e mentale
– difficoltà di attenzione e concentrazione
– insonnia
– perdita di appetito e di peso.

Anche le ideazioni suicide rappresentano un grave sintomo: tra il 2 e il 15% delle persone depresse può arrivare al suicidio, che è una delle principali cause di morte tra i giovani fino ai 29 anni. Nel 50% dei casi, il suicidio è associato alla depressione. Un altro aspetto importante è l’ideazione eterolesiva, ovvero il pensiero di nuocere ad altri, che, pur essendo meno comune delle idee suicide, è statisticamente rilevante. Alcuni studi stimano che tra il 16 e il 28% degli assassini fosse clinicamente depresso, ed una parte considerevole di loro ha tentato il suicidio poco dopo il crimine.

È importante sottolineare che i soggetti depressi che commettono atti violenti sono una minoranza, circa il 3%, rispetto all’1% della popolazione generale. Uno studio dell’Università di Oxford ha confermato che non vi è un alto rischio di violenza tra le persone con depressione.

Ricerche degli anni ’80 hanno indicato che i depressi che hanno commesso omicidi presentano caratteristiche diverse: in genere hanno subito abusi fisici nell’infanzia, soffrono di disturbi di personalità e fanno uso di droghe o alcol. Recenti studi hanno approfondito queste correlazioni, evidenziando che chi abusa di sostanze è spesso affetto da Disturbo Post-Traumatico da Stress (PTSD), che può provocare irritabilità e comportamenti violenti.

Un altro elemento di rischio è la presenza di Disturbo Bipolare, dove gli individui possono alternare episodi depressivi a fasi maniacali. Tuttavia, evidenze suggeriscono che gli atti violenti sono più frequenti durante le fasi depressive. Anche in questo contesto, l’abuso di sostanze può rappresentare un fattore scatenante.

Infine, la combinazione di depressione e Disturbo Psicopatico di Personalità può facilitare comportamenti violenti. Ricerca condotta dall’Università di Miami ha mostrato che trattamenti antidepressivi come la sertralina non solo alleviano i sintomi depressivi, ma possono anche migliorare tratti problematici della personalità.

a.fabiani@newscom.it

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