I disturbi d’ansia, secondo il DSM-5 (Manuale Statistico Diagnostico dei Disturbi Mentali), sono caratterizzati da sentimenti di nervosismo, tensione e panico in situazioni varie. Le persone affette possono manifestare preoccupazioni per conseguenze negative basate su esperienze passate o su potenziali eventi futuri, e si sentono ansiose in situazioni di incertezza, immaginando scenari sfavorevoli.
Questi disturbi sono molto diffusi a livello globale, con una prevalenza del 7,3%, come evidenziato da Thibaut nel 2017. In un’indagine statunitense su 8000 adulti, il 28% dei partecipanti ha riferito di aver sperimentato sintomi associabili a un disturbo d’ansia almeno una volta nella vita, con la fobia come forma più comune.
L’impatto della pandemia da COVID-19 ha accentuato questa situazione: si stima che, in un anno, i disturbi d’ansia e quelli depressivi abbiano avuto un incremento del 25%, colpendo in particolare giovani e donne. Tuttavia, non ci sono prove sufficienti a suggerire che l’incidenza di tali disturbi sia aumentata nel corso dei decenni precedenti.
L’ansia non è un fenomeno recente; le sue origini affondano le radici nella storia della psichiatria e della medicina, risalendo fino alla filosofia greca. Gli antichi greci iniziarono a interpretare la malattia mentale attraverso osservazioni sistematiche piuttosto che attraverso spiegazioni soprannaturali. Ippocrate, ad esempio, nei suoi scritti, menziona un caso di fobia e lo associa a un disturbo organico.
Cicerone, nelle sue opere, sottolinea come preoccupazione e ansia siano veri e propri disturbi, suggerendo un legame tra malessere mente e corpo, e considera l’ansia come una malattia di origine organica. Poco dopo, gli stoici come Seneca e Epicuro formulano strategie per affrontare l’ansia, enfatizzando l’importanza di vivere nel presente per liberarsi dalle preoccupazioni, un concetto che risuona con le pratiche moderne di Mindfulness.
Fino a metà Ottocento, ansia e depressione venivano considerate come un unico fenomeno chiamato melanconia. Questo termine, derivante da un’antica teoria medica, si riferisce a un disturbo dovuto a un mancato equilibrio nei fluidi corporei. Oltre a ciò, nel Medioevo vi è stata una maggiore comprensione della melanconia, con distinzioni tra cause naturali e non naturali.
Un significativo passo nella comprensione dei disturbi d’ansia si ha nel 1621, quando Robert Burton, nell’opera “The Anatomy of Melancholy”, esplora come siano collegate ansia e depressione. Descrive diversi sintomi, alcuni dei quali sono tuttora attuali, come la paura della morte e fobie specifiche.
Durante il Seicento, Cartesio inizia a considerare la fisiologia delle emozioni, aprendo la strada a una visione più meccanicistica delle malattie. Con la fine del XVIII secolo, l’attenzione si sposta dalla teoria umorale alla considerazione di disfunzioni nel sistema nervoso centrale come possibili cause della melanconia, suggerendo una relazione tra stati fisici e condizioni psichiche.
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