Nelle metropoli italiane, il servizio taxi è spesso carente e sarebbe opportuno aumentare il numero di licenze, ma le amministrazioni locali esitano a prendere decisioni che possano alienare i tassisti.
In una serata di luglio, davanti alla stazione di Roma Termini, si radunano centinaia di persone, principalmente turisti, in attesa di un taxi. Nonostante la fila ordinata, i taxi stentano ad arrivare. Quando una decina di vetture giunge contemporaneamente, la coda si accorcia rapidamente, solo per ripresentarsi pochi minuti dopo. Intorno a questi passeggeri, i cosiddetti “battitori”, tassisti non autorizzati, offrono corse a pagamento con tariffe quasi raddoppiate, eludendo l’attesa con auto private e senza tassametro, accettando solo contante.
Massimo, un tassista di una cooperativa, spiega che il problema è legato all’organizzazione dei turni di lavoro: durante il giorno i taxi sono abbondanti, mentre la situazione peggiora nel tardo pomeriggio. Nonostante l’apparente caos, l’attesa per salire su un taxi dura solo circa venti minuti.
I dati del 2019 dell’Autorità di regolazione dei trasporti rivelano che in Italia ci sono 23.000 tassisti con licenza, di cui 7.774 a Roma. A queste figure si aggiungono gli autisti di noleggio con conducente (Ncc), che trasportano passeggeri solo su prenotazione. A Roma ci sono circa mille licenze Ncc, ma nel complesso circolano molte più auto a noleggio, dato che i veicoli provengono anche dai comuni limitrofi.
Molti autisti Ncc collaborano con Uber, la piattaforma che consente a chiunque possieda un’auto di offrire servizi di trasporto a pagamento. Nonostante le tensioni iniziali tra tassisti e Uber, è emersa una sorta di accettazione reciproca dopo che i tribunali italiani hanno bloccato il servizio di Uber Pop nel 2017. Giorgia Meloni, in quel periodo, manifestò il suo sostegno ai tassisti che avevano investito in mutui per le licenze.
Una sentenza della Corte di giustizia europea ha stabilito che Uber deve rispettare le leggi nazionali, diversamente da piattaforme come Airbnb. Da allora, Uber ha modificato la sua strategia in Italia, collaborando esclusivamente con autisti Ncc regolarmente licenziati e firmando un accordo con itTaxi, una app che riunisce migliaia di tassisti.
A Roma, quando si prenota un taxi attraverso Uber, l’auto che arriva è di una cooperativa di radiotaxi, la 3570, la più grande della città. Gli autisti di questa cooperativa, che conta 3.500 tassisti, devono pagare una quota mensile di 200 euro. Altri tassisti che non sono associati a cooperative utilizzano app diverse come Free Now o Wetaxi.
Il coordinatore del sindacato dei tassisti Unica Cgil, Nicola Di Giacobbe, sottolinea che la mancanza di taxi è dovuta al crescente flusso di turisti, rendendo difficile fornire un adeguato servizio durante la giornata. Sostiene che è necessario aumentare il numero di licenze ma che questo non sarà sufficiente senza un potenziamento del servizio pubblico di trasporto.
Il turismo a Roma sta vivendo una ripresa significativa, con un numero crescente di visitatori rispetto all’anno passato. Tuttavia, le licenze sono rimaste invariabili dal 2006, quando l’allora sindaco Veltroni concesse le ultime 500 licenze in un contesto di forti proteste. Oggi, chi già detiene una licenza si oppone a un ampliamento del settore per il timore di una maggiore concorrenza e di una svalutazione delle proprie licenze. Veltroni è stato il primo sindaco a dare attuazione alla liberalizzazione del settore prevista dal decreto Bersani-Visco.
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